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Funiculì funiculà, ora la regione ripensa l’opera

da Il Mattino del 12 Febbraio 2002

Rovi ed erbacce hanno coperto la ferita di cemento nel fianco della Montagna. La cicatrice sale da Ercolano verso il cono del vulcano più famoso del mondo. Ed è lì da tredici anni sempre allo stesso modo: in attesa che i giudici mettano la parola fine all’intricata vicenda giudiziaria, penale e amministrativa, che si scatenò all’indomani dei lavori per la ricostruzione della funicolare del Vesuvio, lavori autorizzati da Comune e sovrintendenze, ma inciampati in una serie di cavilli, primo fra tutti lo sconfinamento di pochi metri nel territorio del Comune di Torre del Greco, effetto di uno dei tanti stravolgimenti, comprese le coperture con la lava, provocate dalle eruzioni.
Fu così che mentre per Ercolano aveva detto sì, la Sovrintendenza s’impuntò con Torre del Greco. Addio lavori. Ora, però, all’assessorato regionale dei Trasporti hanno dovuto per forza ricordarsi perché le due aziende appaltatrici, l’Ansaldo e la Ccc, reclamano la chiusura dei conti per le spese sostenute per realizzare gli attrezzi delle stazioni, carrozze, binari, tracciato. Si cerca una soluzione ecocompatibile chiudere il capitolo, ma sui primi risultati della discussione è top secret, anche perché una parola in più potrebbe complicare i rapporti già tesi con i Verdi, da sempre contrari. L’assessore Ennio Cascetta anche per questo non lascia trapelare alcunché.
Non a caso la vicenda è condita da ricorsi e appelli al Consiglio di Stato e da una sospensione cautelare da parte del Tar, fino al procedimento per abuso edilizio davanti al Tribunale di Torre Annunziata, che due anni fa sentenziò però la legittimità dei lavori, con successivo ricorso in appello che confermò la non procedibilità. A mettere ko i lavori oggi è di fatto il ricorso ambientalista pendente davanti al Tar.
E pensare che era il simbolo della napoletanità nel mondo la funicolare del Vesuvio: “Funiculì funiculà”, canzone famosa quanto “O sole mio”, fu composta nell’anno del viaggio inaugurale delle storiche carrozze che portavano i napoletani e i turisti faccia a faccia con il ventre temuto ed amato del vulcano.
Oggi eccole le moderne carrozze costruite dall’Ansaldo, grazie ai fondi della Regione nel 1990, su progetto ispirato all’antico dell’architetto Nicola Pagliara. Le carrozze sono in deposito, sarebbe meglio dire abbandonate a dispetto dei soldi che furono spesi, nel deposito dell’azienda di trasporti Clp a Pollena Trocchia. Due suggestivi esemplari che riproducono l’immagine dei vecchi modelli che salivano e scendevano dal fianco della Montagna. Allora non era considerata una ferita, c’era anche meno coscienza ambientalista, la stessa che oggi spinge qualcuno ad ipotizzare il completamento dell’opera, che fu avviata in tempi record intorno al 1990 dall’assessore regionale ai Trasporti, Franco Iacono. Insomma, secondo qualcuno ci vorrebbe un collegamento eco-compatibile che eviti l’andirivieni di macchine inquinanti e bus ingombranti alla base del cono.
Sì, ma che fine ha fatto il resto dell’opera? La stazione di monte si trova, smontata, in un deposito ad Avellino. Il tracciato, poco meno di un migliaio di metri, c’è, in alcuni tratti coperto da rovi. Ma i binari, che fine hanno fatto? Li utilizza un’altra funicolare, meno famosa, ma sicuramente più bisognosa, quella di Montesanto a Napoli. Sì, i binari, che erano destinati al Vesuvio, furono prestati all’Atan, allora non si chiamava ancora Anm, perché non c’erano i soldi per comprare i binari della Montesanto, allora in ristrutturazione. Ci fu l’impegno a restituire il tutto, in moneta, nel momento del completamento della funicolare del Vesuvio.
E ora che succede? Chiusa una parte dei capitoli giudiziari, c’è chi da una parte – il Comune di Ercolano – invoca la ripresa dell’opera per lo sviluppo turistico e il rilancio economico di una città in ginocchio. C’è chi pensa a un sistema di trasporto per far conoscere e amare come un tempo il vulcano: il presidente dell’ente parco Vesuvio, Amilcare Troiano. Sebbene lontano dalla mischia politica, sogna di vedere l’opera completa anche Franco Iacono: “E progettata e finanziata, i soldi sono in banca. E poi si potrebbe creare una sorta di sinergia turistica tra Vesuvio e porti dell’area”.

L’architetto – Pagliara: “Rispettai la natura”

Mi creda, era tutto ok. “Avevamo un faldone così di autorizzazioni, 25, credo. Il rispetto dell’ambiente era totale”. Nicola Pagliara, architetto, professore alla Federico II, fu il progettista delle stazioni, delle carrozze, del tracciato.
Se gli ainbientalisti si accanirono vuol dire che il problema c’era.
“Erano e sono contrari alle funicolari. Ma sul mio progetto non credo che avessero alcunché da dire. Le autorizzazioni c’erano. Per un cavillo s’è bloccato tutto”.
Cavillo?
“Direi assurdità. Il problema sorse alla stazione di monte, sconfinata per 10 metri in territorio di Torre del Greco, Comune ben lieto di avere la sua fetta di funicolare. Alla richiesta di conferma, non altra autorizzazione, alcuni gruppi ambientalisti riuscirono a bloccare tutto”.
Rifarebbe quel progetto?
“Certo. L’ambiente si rispetta di più con quest’opera che lasciando tutto così com’è, magari nel degrado. La natura e la mano dell’uomo devono incrociarsi, integrandosi, aiutandosi. Il mio progetto non prevedeva alcun sconvolgimento. C’era pure la massicciata in pietra lavica. Più rispetto di cosi…”.

L’ambientalista – Aiello: “sfregiato il monte”
No, ci opporremo a qualsiasi progetto che prevede un impatto devastante sulla natura del Vesuvio. Saro Aiello, segretario regionale del Wwf fa una premessa dopo avere ricordato le decine di denunce che portarono al blocco del programma di lavori per la funicolare del Vesuvio.
Solo una questione di principio?
No, una questione pratica”.
In che senso?
“Adesso si dice che la funicolare potrebbe evitare l’invasione di auto e bus. Siamo sicuri di questo? E poi non può essere solo questo l’obiettivo?”.
E quale altro?
C’è il Parco del Vesuvio, ma la meta di turisti e napoletani non può essere soltanto l’orlo del cratere, il cono del vulcano, c’è ben altro da vedere nel Parco del Vesuvio, c’è ben altro da valorizzare”.
A che si riferisce?
“Alla natura, agli alberi, agli animali. Di questo nessuno sa niente. Si va a vedere soltanto il grande cono vulcanico. Quello che noi non vogliamo, perché diventa un oggetto di consumo con tutti i rischi che ne conseguono. Per questo aspettiamo di vedere che cosa prevederà una eventuale ripresa o revisione del progetto.